Alberobello, la città fatta di trulli, occupa un terreno fortemente sottoposto all'azione erosiva delle acque meteoriche, tanto in superficie quanto in profondità; le rocce calcaree stratificate offrono così il materiale da costruzione che contraddistingue non solo l'immagine della città ma l'intero territorio, abitato sin dal secolo XV da coloni cui il signore del luogo affidava la terra affinché fosse bonificata e coltivata. |
Pare che le ragioni storiche del trullo come costruzione a secco siano da ricondurre all'abuso di potere con il quale il feudatario poteva a suo piacimento allontanare il colono dalla terra senza riconoscergli alcun diritto, primo fra tutti quello di essere "cittadino", se si pensa che agli inizi del seicento i diversi nuclei familiari che si erano stabiliti nel territorio di Alberobello - attirati anche dalle franchigie concesse dai conti di Conversano - risultavano a tutti gli effetti abitanti della vicina Noci.
Era nata una vera e propria comunità stabile tenuta in pugno dal conte Giangirolamo Acquaviva d'Aragona, in aperta violazione alla prammatica che vietava ai feudatari di costruire, senza il permesso del re, nuove città.
La tradizione vuole che, in occasione delle visite regie di verifica, il conte facesse abbattere nottetempo le casedde costruite a secco e sgomberare gli abitanti per ricostruirle con altrettanta velocità non appena il pericolo fosse cessato.
La proclamazione di Alberobello città regia nel 1797 segnò l'inizio dell'uso della malta nelle costruzioni, che non per questo mutarono il loro fascino di edifici "senza tempo", antichi quanto la tradizione mediterranea.
Oggi i trulli di Alberobello sono circa un migliaio, vincolati come monumento nazionale dal 1930 e di recente entrati a far parte del patrimonio mondiale dell'UNESCO.